L’eredità di un patrimonio materiale e immateriale
Il contesto geopolitico
Negli anni del medioevo (dal IV secolo alla fine del XV) l’impero di carolingio è un momento di eccezionale interesse: lo dimostrano gli studi e le tesi interpretative che si confrontano da punti di vista anche molto diversi su un fenomeno che ci restituisce un percorso di civilizzazione e di costruzione di comunità, in cui la figura di Carlo Magno e la via Francigena illuminano e collegano il ruolo di molte altre personalità e di eventi anche contradditori e lontani nel tempo.
Ma come avviene nella lettura di una ogni epoca storica, non è possibile delineare una interpretazione complessiva e univoca dell’intero periodo medievale. Tuttavia, una possibile lettura dell’eredità di quel patrimonio immateriale e materiale può essere ricondotta a un contesto geopolitico in cui la figura di Carlo Magno rappresenta l’anticipazione di un percorso di formazione dell’idea di Europa e di riconoscimento delle relazioni tra la cultura nuova che si andava formando e l’eredità di quella di epoche antecedenti .
In questo senso, alla ipotesi di un medioevo oscurantista si contrappone l’interpretazione che lo stesso rappresenti un periodo interessato da più di una rinascita, in cui la prima sarebbe coincisa con gli anni di Carlo Magno, contestualmente alla diffusione della cristianità e in una continuità tra classicità e rinascimento (1).
Agli albori del IX secolo dopo una successione di rapide campagne militari, lo stato franco divenne un impero di vaste dimensioni con una nuova centralità spostata verso est che portò Carlo Magno a stabilire la propria sede ad Aquisgrana, dove morì nell’814 senza aver potuto portare a termine la successione dell’impero a favore dei suoi tre figli.
Nonostante ciò alla figura di Carlo Magno va il merito di avere almeno in parte restituito all’Europa del tempo quel concetto di unità politica e culturale che era venuto a mancare circa tre secoli e mezzo prima con la caduta dell’impero Romano d’Occidente, avvenuta nel 476 quando l’ultimo imperatore d’occidente, Romolo Augustolo, fu deposto da Odoacre.
Ma è necessario ricordare che già alla morte di Teodosio (395) Diocleziano aveva attuato la divisione amministrativa tra un Impero d’occidente e un Impero d’Oriente, quello che viceversa cade formalmente solo nel 1453 quando Costantinopoli viene conquistata dai Turchi Ottomani.
Ma la costruzione dell’impero carolingio avvenne senza un disegno preciso: prima, per successione al trono del fratello morto prematuramente e, di seguito, con successive acquisizioni di territori con caratteri e popolazioni molto diversi .
Fatti che portarono Carlo Magno a dover affrontare una riorganizzazione dei propri possedimenti basata su di una rigida diarchia di governo civile e religioso, derivata la prima dalla tradizione franca e la seconda dal riconoscimento della cristianità già anticipata nel 313 da Costantino; e, contestualmente, a dover adottare un apparato normativo scritto, non più solo orale, di matrice romana.
Inoltre, la diffusione dei monasteri e dell’attività dei monaci favorì, da un lato, la traduzione e la conoscenza dei testi classici e la promozione degli studi e delle arti, e dall’altro, la realizzazione di opere di bonifica e, con la cura della produzione agricola, il miglioramento delle condizioni di vita e l’incremento della popolazione.
Fatti e opere che hanno fatto attribuire a Carlo Magno il sogno di una ricostituzione dell’impero romano, solidamente fondato sulla chiesa cattolica e sull’autorità del papa. Anche se Carlo Magno si autodefiniva “re delle Gallia, della Germania, dell’Italia e delle province vicine”, ed era piuttosto il papa a volere fare di Carlo l’imperatore di tutto il mondo cristiano, Bisanzio compreso, dove, viceversa, l’autorità del soglio pontificio era messa fortemente in discussione (2),
Carlo Magno e la via Carolingia
La via Carolingia è il percorso che Carlo Magno fece quando scese a Roma da Aquisgrana per essere consacrato imperatore da Papa Leone III nella notte di Natale dell’800: un atto di riconoscimento da parte del Pontefice per l’aiuto avuto dall’imperatore contro la minaccia Longobarda e , contestualmente un atto di riconoscimento della stessa autorità dell’imperatore carolingio che pur lasciando al papa l’Italia centrale non rinuncia al suo controllo. Il viaggio, come ci racconta Eginardo, il biografo ufficiale di Carlo Magno, nel Vita Caroli e in Annales Regum Francorum, durò tre mesi e permise a Carlo Magno di attraversare regioni, di incontrare regnanti, di visitare monasteri e luoghi di culto popolari, di promuovere opere civili, di erigere santuari e di riconoscere nuove regole religiose.
Alla strada fanno da sfondo ambienti, territori e città che visitati dal passaggio di Carlo Magno vengono interessati da cambiamenti significativi. La strada assume la funzione di promuovere relazioni allargate anche oltre il suo più immediato intorno: essa diventa un luogo di intreccio di altre vie percorse da tanti personaggi, dai predicatori di pace come il monaco irlandese San Colombano, che si fermò anche in Lombardia, ai re e agli avventurieri portatori di conflitti e di saccheggi, come quelli delle popolazioni che invasero le regioni europee.
In sintesi, la via Carolingia è il percorso che tra l’VIII e il IX secolo costituì la principale via di comunicazione tra i paesi d’ Europa non solo dei sovrani carolingi: lo stesso Enrico IV, quando nel 1076 arrivò in Italia dalla Germania per incontrare Matilde di Canossa, passò proprio dalla via Carolingia.
La via Carolingia è un documento simbolo della circolazione di idee e di persone che contribuirono alla formazione di una storia europea; oggi, rappresenta la testimonianza di un patrimonio di una eredità culturale, sociale, economica, religiosa e umanistica, in quanto tracciato culturale che precede l’unificazione europea e lungo il quale si possono riconoscere l’influenza delle tante culture, da quelle della classicità a quelle delle popolazioni barbare, che il periodo – ritenuto buio- dopo la caduta dell’impero d’occidente non ha né cancellato né impedito che si sedimentassero, garantendo la ricchezza delle culture successive , in primis quella del rinascimento.
Tuttavia, a incidere nelle comunità locali sono le nuove relazioni di potere che, con l’impero carolingio, si vengono a configurare unitamente alle pratiche di coltivazione delle terre, alle costruzioni di canali e di bonifiche, alle prime scoperte del proprio passato e di nuove attività che contribuirono a migliorare la produzione agricola unitamente alla salute e alla sicurezza delle comunità regionali locali (3).
Allora, l’incontro tra culture assunse un ruolo strategico nella trasformazione di un territorio caratterizzato da una presenza umana e da centri abitati, localizzati nel vuoto di una campagna costellata da boschi e da frequenti acquitrini.
Una descrizione che corrisponde anche ai caratteri originari del paesaggio della regione lombarda: un territorio fertile e ricco di acqua, che i monaci della regola benedettina cominciarono a dissodare riscoprendo la centuriazione romana e innovando e differenziando più coltivazioni -dalle marcite agli allevamenti e alle risaie- e la conservazione dei prodotti.
Sono i caratteri degli albori di quel territorio che, in Europa, è identificato come il cuore fertile dell’Italia, luogo e sede di una agroindustria a cui è riconosciuta una percentuale più che significativa della produzione alimentare del paese e a cui sono riconducibili molti prodotti di alta qualità di livello mondiale.
D’altra parte, se le iniziative di Carlo Magno sul versante della conoscenza dei classici appartengono, con la capacità di mediazione che egli dimostrò nei confronti degli avversari dell’impero e nei rapporti con i vescovi di Roma, ai grandi cambiamenti di una storia alta dei popoli, la via Francigena rappresenta la connessione tra grande storia e la storia locale, tra eventi di portata europea e lo sviluppo dell’urbanesimo che, con il passaggio di Carlo Magno, anticipa i riflessi positivi sulla vita sociale e economica delle comunità e delle terre visitate dall’imperatore (4).
La continuità tra classicità e rinascimento
Con il rinascimento si affermò la convinzione che il medioevo rappresentasse un periodo di frattura rispetto alle civiltà classiche elleniche e romane e che, pertanto, fosse necessario riportare alla luce i caratteri e i valori di quelle epoche attraverso lo studio e la riproposizione della cultura e degli forme artistiche
Questa convinzione fu poi condivisa e ribadita anche da altre interpretazioni (5), tra cui quelle che si sono soffermate, da un lato, sulle grandi turbolenze imputabili alle frequenti incursioni di popolazioni celtiche, germaniche e gotiche, dall’altro, sulla fragilità delle istituzioni laiche e religiose imputabili alle conflittualità che dalla fine dell’impero romano ( 476 d. c.) hanno accompagnato il processo di formazione del sacro romano impero e i rapporti con Bisanzio , poi Costantinopoli.
Tuttavia, secondo alcuni autori, il medioevo fu un periodo interessato da trasformazioni geopolitiche che hanno anticipato in più di una occasione profondi cambiamenti nei rapporti tra i poteri di allora in continuità con il mondo classico attraverso la difesa della latinità praticata dai monaci medievali e della cultura greca tradotta e diffusa dagli studiosi islamici.
Di questa convinzione ne parla sia il testo già citato che tratta dei grandi personaggi del medioevo (6), sia i contributi di cui si può condividere le tesi per cui alla base del fraintendimento interpretativo sul periodo … “ c’era da un lato l’ignoranza della storia millenaria della parte greca dell’impero romano e dall’altro l’incapacità di comprendere quanto in continuità con la Roma cristiana (dei secoli IV e V) si ponessero Teodorico e Carlo Magno: una continuità né velleitaria ne solo ideologica”(7).
Due figure che, in tempi successivi, assumono, in un periodo quanto mai controverso e complesso, le posizioni di continuità che possono essere fatte risalire al riconoscimento dell’apparato giuridico romano e del cristianesimo come religione ufficiale, scelta questa seconda già anticipata nel 313 da Costantino con l’editto di Milano e diffusasi con l’evangelizzazione delle campagne alle regioni di quello che può essere identificato come l’impero cristiano d’occidente.
Teodorico nel discorso che tenne quando nel 500 viene incoronato a Roma afferma …” siamo lieti di vivere sotto il diritto romano che siamo pronti a difendere armi alla mano….
A che scopo aver respinto il disordine barbarico se non per trarre dalle leggi la nostra regola di vita”. Più tardi, Carlo Magno, nella notte di Natale dell’800, viene incoronato da Papa leone III Imperatore del Sacro Romano Impero e l’evento sancisce, dopo anni di conflitti, il riconoscimento di una realtà europea d’Occidente in cui il latino è il simbolo di un universalismo della cristianità europea, o l’idea di una ricostituzione dell’impero romano, fondato come già anticipato sulla chiesa cattolica e sull’autorità del papa anche se di fatto subisce il protettorato dell’imperatore.
In questo senso si può ribadire che ogni interpretazione complessiva di un periodo storico, anche se compiuto, rischia di avvalorare posizioni precostituite, mentre nelle vicende della storia non esiste mai un unico elemento decisivo (8 ). “ Non valgono le spiegazioni schematiche , né quella per cui l’impero, la civiltà antica, sarebbe stata assassinata dai barbari , né quella per cui la causa fondamentale di tale fine sarebbe stato il cristianesimo. Entrambi furono certamente fattori di cambiamento ma entrambi vengono da lontano; in entrambi i casi vecchio e nuovo si intrecciano inestricabilmente e anche le ferite sono portatrici di rinnovamento.”
Piuttosto la domanda da porre è quanto la stessa ricchezza del rinascimento con la magnificenza della committenza dei Papi e con l’ingegno delle più diverse espressioni artigiane e artistiche sia debitrice di tutte le contaminazioni del periodo che si apre con la chiusura dell’impero romano (9). Anche, da questo punto di vista, l’imperatore Carlo Magno è una figura emblematica per la sua capacità di distinguersi in un insieme di attività da quelle in guerra a quelle delle mediazioni politiche con avversari e vescovi di Roma.
Note bibliografiche
1. Jacques Le Goff ( sotto la direzione di ), Uomini e donne del medioevo, prima edizione francese 2012, edizione italiana Laterza 2013 , in part. Cfr., L’introduzione “I lenti creatori dell’Europa” pag. 9-17 e il capitolo, Dalla cristianizzazione a Carlo Magno 325-814, le figure di Teodorico il Grande, pag. 36, di San Colombano, pag 60, di Carlomagno, pag 92.
Dice Le Goff nella sua presentazione che “ il mio medioevo si allontana radicalmente –anzi ne è quasi il contrario- dall’immagine di un medioevo oscurantista, quello che gli inglesi hanno definito con l’espressione dark ages …”( pag.13), tesi anticipata dagli umanisti dei secoli XIV e XV e, nell’epoca contemporanea, dagli illuministi e poi rivista, ma con solo in parte, dal movimento romantico.
2.Jean Baptiste Duroselle, Storia d’Europa. Popoli e paesi ( introduzione di Sergio Romano), cfr., i capitoli, 4. La sapienza greca e la grandezza romana; 5. I primi quattro secoli della conquista cristiana d’Occidente; 6. La grande epoca dei german; 7 Carlo Magno re d’Europa, pag. 51-109, Bompiani editore, 1990
3. AA.VV., Storia d’ Italia, Dalla caduta dell’impero romano al secolo XVIII, tomo primo, Giulio Einaudi ed. 1974, in particolare cfr., il capitolo, L’incorporazione dell’Italia nel mondo dei franchi, pag 733-99, e l’inserto, Costumi e Scene italiani, con le immagini di “La pittura e la miniatura nella lombardia”, tratte da Pietro Toesca, Theatrum Sanitatis , uno dei tre “Tacuini” destinati alla conservazione quotidiana della salute
4. per esempio, con la formazione delle città che lo stesso Jacques Le Goff dichiara essere la grande creazione del medioevo e con la costruzione delle grandi cattedrali che un altro grande storico, Georges Duby, attribuisce sempre al medioevo.
5. Federico Chabod, Storia dell’idea d’Europa, Laterza editori, 1961. L’autore per l’origine dell’idea di una Europa come differenziazione dall’Asia si rifà alla cultura greca e romana e poi a quella degli umanisti. E ricorda che…” il ricorrere di Europa nella terminologia dell’età di Carlomagno ha sempre un riferimento geografico: Carlo magno è Rex pater Europae, è Europae venerandus apex; ma il contenuto morale, direi (modernamente) ideologico, di questa Europa è l’ecclesia romana, il regnum sanctae ecclesiae; sono i romani, in contrapposizione ai greci e a Bisanzio, che è tagliata fuori. Cristianità occidentale, Europa, sottoposta a Carlomagno, cristianità orientale, Bisanzio, sottoposto all’Imperatore di Costantinopoli.” Una contrapposizione tipica non solo dell’epoca carolingia, pag 29-30, Gallimard 1981
6. Jacques Le Goff, op. cit.
7. cfr., Luciano Canfora, Barbari, religione, democrazia: così finì l’Impero Romano, Corriere della sera del 9, dicembre, 2010, commento all’introduzione di Giusto Traina del volume “Storia d’Europa e del Mediterraneo”, Salerno editrice, settembre 2010
8. E’ convinzione di molti storici che, nelle vicende della storia, non esiste mai un elemento decisivo, e che viceversa, sia necessario rifarsi a una molteplicità di aspetti; a questo proposito una conferma in tal senso ci viene da un grande geografo e storico francese quando afferma che “ tutto sia determinato da tutto e che tutto determini tutto“, cfr., Georges Duby, Le Monde-Dimanche, 24 maggio 1981; dello stesso autore cfr., anche L’an mil , Gallimard 1981 e L’europe au moyen age, 2 novembre 1981 in Arts e metres graphiques
9. Questa interpretazione è rintracciabile anche in uno dei dialoghi di Carlo Maria Martini sulle religioni e su Gerusalemme.
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